Social and Economic Aspects of the Middle Ages in A.Y. 2021/2022 under Professor Miriam Davide
Dive into the social and economic landscape of the Middle Ages as discussed in the course for the academic year 2021/2022 under the guidance of Professor Miriam Davide. Explore historical documents and decrees that shed light on the intricate societal structures and economic activities of the medieval period, including land grants, market rights, and more. Uncover the complexity of medieval life through these primary sources.
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Presentation Transcript
STORIA SOCIALE ED ECONOMICA DEL MEDIOEVO A.A. 2021/2022 PROF. MIRIAM DAVIDE
I diplomi di Berengario I, Roma, 1903 (FSI, 35), doc. 87, pp. 232-34 Nel nome del Signore Dio eterno. Berengario per grazia di Dio re. Sia noto a tutti i fedeli della santa chiesa e nostri presenti e futuri che, su richiesta del gloriosissimo marchese Adalberto, nostro genero amatissimo e dell'illustre conte Grimaldo, fedeli nostri, doniamo e concediamo, con il presente decreto alla chiesa della santa Madre di Dio e di S. Eusebio di Vercelli, per uso e sostentamento dei canonici che ivi servono Dio, il luogo detto un tempo Corte Regia, cos come situato fra la postierla del Salvatore e la torre piccola a lato della postierla dove c' il carcere fino al mercato pubblico nella direzione della strada presso i macelli davanti alla porta di S. Nazario e fino alla torre vecchia detta del Salvatore e qui da questa torre fino alla torre detta di S. Agata da una parte lungo il muro antico e nel modo in cui il muro nuovo circonda la stessa area attorno alla torretta di Arialdo e procede fino al ponte in pietra sopra il fiume detto Vercellina e fino alla postierla del Salvatore gi indicata dove sorge il carcere, il tutto con case e rustici, dipendenti, diritti di mercato, di piazza e ogni altro diritto connesso con l'amministrazione pubblica.
Aggiungiamo anche due mulini che sono sul Rivofreddo con entrambe le sponde del torrente fino al fiume Sarva. Concediamo poi oltre a questo ai canonici il pubblico mercato [cio la fiera] che ogni primo giorno di agosto si tiene in occasione della festa di S. Eusebio, sette giorni prima della festa e sette giorni dopo continuativamente, e il mercato settimanale che si tiene ogni sabato, per tutta la giornata. Inoltre concediamo la met della parte dominicale della stessa corte ricordata sopra, tanto delle case quanto degli edifici rustici, delle vigne, dei prati, delle terre, delle selve, delle peschiere e di ogni cosa che pertiene legalmente a detta corte. Doniamo anche una piccola corte in nostro possesso a [ ], con cinque mansi e servi, serve e dipendenti che legalmente dipendono da questa piccola corte con tutti i diritti pi sopra elencati. Tutto quanto era di diritto del nostro palazzo sia ora in uso dei canonici della chiesa di S. Maria e di S. Eusebio. Dato il 26 gennaio dell'anno dell'incarnazione del Signore 913, venticinquesimo di regno del piissimo Berengario, prima indizione. Fatto a Monza felicemente nel nome di Cristo. Amen.
Scritture e scrittori del secolo XI, Torino, Einaudi, 1977, pp. 152-65 Poich piaci al popolo, se vuoi, restiamo in citt : dalla citt potrai avere tutto quello che desideri. Grande lo splendore della citt ed ha ricchi abitanti: nessun uomo conosce un soggiorno s bello. Vi abitano uomini d'ogni razza: l'Anglo e l'Acheo, il Norico e l'Ungarico. V han dimora gli Indi e il popolo che prima abitava il Pindo: non reputar vile il mercato degli Indi. Di qui vengono i giacinti non colorati da tintura: scrivete pur meraviglie, o penne, del fiume Nilo. Nessuno ignora che gli Indi son ricchi d'ogni specie di pietre, anche di quelle che esportano Claro e Paro. Qui v' anche il diaspro che l'aspide port sul capo, pietra da tenersi in gran pregio, se sai apprezzarla. Espongono qui le loro mercanzie Coo ed Eoo, Sidone e Tiro in varie fogge. I Giudei vendono i pallii, i Sabei gli incensi del loro paese, nardo e spigo, mirabili balsami. Qui esala il suo profumo lo zenzero, e il compratore aggirandosi compra il pepe; questo mercato offre tutte le specie di droghe. Il vento diffonde per le contrade ciascun aroma, e il giudizio dell'olfatto non vi trova difetto.
Non disprezzare la citt che ha aperte mille taverne di cui potrai divenire padrona essendoti date in dote. Vedrai i drappi che ogni anno la Fiandra m'invia e t'accorgerai della lor buona qualit . Il mercante ha qui portato da Creta tappeti preziosi: sono stati portati perch tu te ne giovi. Qui tu puoi riconoscere dalle insegne la strada degli orafi: ivi risplendono quei monili d'oro che, dati a te, t'arricchiscono. Risplendono pi del sole tutti i monili appesi, e la mirabile fattura vince in pregio il valore intrinseco del vario metallo. L'arte di Vulcano qui si rivel in tutta la sua maestria: la figlia di Venere port ornamenti siffatti. Qui potrai trovare le vesti d'Elena spartana, che Paride stesso le diede al momento di prendere il mare. Non gi che non vi siano altre vesti pronte per te: quasi un portento ci che l'arte dei Frigi sa produrre. V' qui tutta la schiera dei pittori e dei medici, e ciascuno maestro nella propria arte. Puoi qui vedere tutto ci che esiste, tranne le pene dell'Averno: la citt centro di spassi per l'ambita bellezza del luogo. Teutoni e Galli apprestano le opere di fortificazione: veri seguaci di Marte e vanto della patria. I Parti della Cappadocia, che non vogliono cedere a Marte, approntano le incudini e non sono inesperti delle armi. L'Ibero solerte in guerra protegge le mura: un popolo di gran valore che io prediligo. Se invece preferisci evitare la folla, schivandone il tumulto, e vuoi un luogo a te grato, cercalo entro le mura domestiche. Vi sono cento camere molto lodate dai clienti: ricche di vari arredi, senza traccia di guasti. Se a tuo piacere desideri dare le membra al sonno, vi sono per te mille letti onde le tue giunture riposino.
OTTONIS MORENAE Historia Frederici, pp. 4-5. Signore re santissimo, noi poveri cittadini di Lodi dobbiamo lamentarci davanti a Dio e davanti a voi e all'intera corte vostra dei Milanesi poich questi un tempo cacciarono ingiustamente dalla citt di Lodi noi tutti cittadini di Lodi che eravamo sudditi vostri, depredarono i nostri predecessori, tanto maschi che femmine, molti di loro uccisero, distrussero la nostra citt e costrinsero i cittadini di Lodi a giurare di non abitare pi in futuro n nella citt n nei sobborghi. In seguito, alcuni dei molti Lodigiani esuli che erano rimasti al di fuori degli antichi borghi cittadini, ma attorno a essi, presero a costruire sei borghi nuovi e in uno di tali borghi, detto borgo Piacentino e che era il pi grande degli altri, ripresero a tenere il mercato settimanale il marted , come facevano in passato. A esso confluivano i Milanesi stessi, i Pavesi, i Cremonesi, i Cremesi e anche i Bergamaschi che venivano settimanalmente a Lodi, dove trovavano ospitalit , sicch i Lodigiani, guadagnando in maniera notevole, riprendevano ad arricchirsi.
Quando, signore nostro carissimo, i Milanesi videro che i Lodigiani gagliardamente andavano moltiplicandosi in cose e persone, ne furono profondamente indispettiti e dietro consiglio di alcuni saggi di Milano che pensavano come danneggiare Lodi e come ridurla di ricchezze e di abitanti decisero di trasferire il detto mercato di borgo Piacentino da dove era prima solito tenersi a un'area aperta, dove non abitava nessuno e obbligarono i Lodigiani a tenere l il loro mercato. O quanto, in seguito a quello, io e gli altri uomini di Lodi, santissimo re, siamo stati condannati alla povert ! Perci vi prego, chiarissimo re, e prego tutti i principi vostri che sono qui presenti affinch vi convincano a ordinare con vostra lettera e vostro nunzio ai Milanesi che restituiscano il predetto mercato ai Lodigiani e che permettano loro di tenerlo nel luogo in cui erano soliti farlo.
Codice diplomatico della Repubblica di Genova, doc. 232, pp. 282-83. Nella chiesa di S. Lorenzo, in pieno parlamento. I consoli Besaza, Tanclero, Ansaldo Spinola, Robaldo Alberico stabilirono e confermarono che i Visconti e i loro consorti, senza contraddizione da parte dei consoli e dei popolo di Genova e di qualunque persona, abbiano e posseggano per sempre 52 banchi di macellatori che sono situati nei macelli pubblici. Giudicarono che la terra in cui i macelli sono costruiti, cos come definita dal muro e dai confini, in ogni tempo rimanga secondo la consuetudine, l'uso e l'esercizio di coloro che posseggono detti macelli. Se per caso accadesse che qualche persona in tali luoghi avesse qualche diritto giurisdizionale, in nessun modo lo possa esercitare in tali luoghi, n in nessuna occasione a pregiudizio dei Visconti e dei loro consorti, ma il comune sia tenuto a risponderne loro e a farvi ammenda, in modo che i macelli rimangano intatti.
Tale lodo fu pronunciato infatti perch per decisione e per volont dei consiglieri comunali e dei padroni dei macelli fu stabilito di trasferire i macelli, specialmente perch i consoli, a norma degli Emendamenti dei Brevi, erano tenuti ad abbattere i macelli vecchi e ad attribuirne l'area al comune di Genova, con l'obbligo di non vender n obbligare verso nessuno, nessun edificio che in futuro vi fosse sorto. Ugualmente fu decretato che non era lecito a nessuno tagliare la carne e venderla altrove, da piazza S. Tommaso fino a piazza S. Stefano, se non occasionalmente alla festa di Ognissanti o di S. Martino, eccetto che a quei macellai o ai loro messi che erano stati costituiti per volont dei Visconti e dei loro consorti. A tali macellai lecito infatti, senza disturbo dell'ordine pubblico, tagliare la carne e venderla per pubblica utilit anche altrove che nei predetti macelli, secondo l'ordine dei padroni dei macelli. Infine giudicarono che i Visconti e i consorti avessero fra loro stessi l'uso e la locazione e gli altri diritti dei macelli e dei banchi di vendita, come erano soliti avere in passato, nonostante il fatto che i luoghi in cui sorgevano fossero stati trasferiti, salvo i diritti e le ragioni dei marchesi contro i Visconti e i loro consorti, nel medesimo modo in cui li avrebbero se i macelli non fossero stati rimossi e trasferiti. Anche gli incaricati dei padroni dei macelli potranno consegnare la carne ai rivenditori nei giorni m cui la rivendita delle carni loro concessa. 1152, aprile, undicesima indizione.
Monumenta Aquensia, I, Torino, 1789, doc. 92, coll. 106-7 (anno 1197) Ogni bestia quadrupede venduta sul mercato di Acqui deve di curatura 2 denari da parte dell'acquirente e altrettanto da parte del venditore. Degli agnelli e dei vitelli non si paga nulla, come dei frutti e delle uova e di tutto ci che portato in braccio. Ugualmente dei polli e dei pesci freschi. Per un cavallo si pagano 12 denari. I mercanti di drappi, di ferramenta e chi vende merce seduto in piazza pagano ciascuno 2 denari di curatura. Per ogni matassa di lino si pagano 2 denari. Per un carico di pentole lo stesso; per un carico di scodelle e di tazze lo stesso. Gli artigiani delle ciotole e delle stoviglie ogni anno devono una ciotola e una stoviglia; i fabbri un coltello e una misura di capacit ; lo stesso quelli che fabbricano mastelli, lance e gioghi. Per un asino che entra carico non si deve nulla, se esce carico dal mercato si deve un denaro.
Corpus Statutorum mercatorum Placentiae, Milano, Giuffr, 1967, pp. 40-41, 48, 60-61, 86, 113-14 70. Che la piazza del Borgo non sia ingombrata. E non permetter che nessun rivenditore di carne, pesci, frutta e altri generi alimentari, o albergatore o qualunque altra persona tenga banchi o recipienti con pesci o altri ingombri o gabbie per polli o ceste da pane o ceste di altro tipo in piazza del Borgo, dalla torre di Gotentesta fino alla casa di Castello Villano, fuori dai portici per rivendere carne, pesce, frutta o altro all infuori del sabato. Ai contravventori imporr 12 denari di multa ogni volta. 75. Che il mercato del filo si tenga in piazza S. Andrea. Far in modo che il mercato del filo che si soliti tenere il venerd in Borgo si svolga nella piazza di S. Andrea del Borgo e ordiner a tutti coloro che, maschi e femmine, comperano e vendono filo che il venerd non lo comperino n lo vendano se non in tale piazza e non al di fuori dei confini delimitati da una parte dalla strada e dall'altra dall'andito del fu Bergognino dei Bergognini, fino alla casa di Alberto Musini.
105. Della verifica delle misure dei cambiatori e degli altri. Entro il l febbraio elegger due cambiatori che facciano verificare tutte le misure dei cambiatori [paragonandole] con la misura del comune dei mercanti, e i pesi e le bilance che riscontreranno essere esatti saranno restituiti ai loro possessori senza indugio, quelli che risultano non esatti siano fatti regolare il meglio che si pu e abbiano tali incaricati per ogni misura che fanno regolare un denaro di compenso e non di pi . 169. Della larghezza e lunghezza delle pezze di fustagno. Non permetter che le pezze da 25 braccia e mezzo siano inferiori alle 25 braccia e mezzo di lunghezza, n alle 2 braccia di passo per la larghezza [ ] 172. Che i consoli dei mercanti facciano in modo che i rettori del comune proibiscano l'esportazione del filo e del semilavorato. Far in modo che i rettori del comune di Piacenza proibiscano a nome del comune che i forestieri comprino e portino fuori della citt e del distretto di Piacenza il filo e il semilavorato piacentino e che ogni mese facciano bandire tale ordinanza per tutta la citt .
278. Degli osti e albergatori. Ordino a tutti gli osti che non permettano che i loro ospiti ritirino i propri bagagli se non dopo aver pagato i loro debiti ai venditori o ai creditori secondo la volont dei venditori e creditori: otto giorni dopo che tali ospiti avranno comperato, senza frode li faranno pagare ai loro creditori e venditori tutto ci che dovevano, secondo la volont dei creditori e venditori. Se qualche oste si comporter in modo diverso o se mi giunger qualche lamentela, costringer lui a pagare e inoltre lo multer di 10 soldi. 384. Che i forestieri non vendano nella citt di Piacenza drappi, fustagni o tela. stabilito che nessuna persona n mercante forestiero pu n deve vender panni di lino, n di lana n di fustagno nella citt di Piacenza n nel suo distretto, se non sia prima accolto come cittadino e abbia giurato obbedienza ai consoli dei mercanti affinch non commetta frode nella sua arte. 389. Della tassa pagata dai forestieri a chi li ospita. stabilito e confermato che ciascun forestiero che viene a Piacenza per vendere o comperare paghi un denaro come tassa a chi lo ospita. E i cittadini di Piacenza non paghino n siano tenuti a pagare nessuna tassa.
Statuto del podest dell'anno 1325, Firenze, Ariani, 1921, 1, pp. 314, 236 CXVII. Che non si debba esigere la gabella nelle piazze della citt sulle erbe e sugli altri frutti. Siccome nelle piazze di Firenze e specialmente nella piazza del ponte Rubaconte di tanto in tanto si esige il pagamento della gabella sui frutti, sulle erbe e sulla paglia da ogni carro che entra in essa e negli ordinamenti della gabella non si trova registrata questa imposta, si provveda che in nessuna piazza della citt di Firenze si esiga il pagamento di nessuna gabella da nessun forestiero del comitato e del distretto di Firenze sui frutti, sulle erbe o sulla paglia, ma che ciascun forestiero possa, volendo, vendere generi di tal natura in dette piazze o in alcuna di esse, possa venire, stare e vendere in quelle che vorr , senza pagamento di gabella salvo che sulle vendite appena fatte e salva la gabella della paglia. XXII. Divieto di condurre carri e traini per il mercato vecchio. stabilito e ordinato che nei giorni di sabato nessuno osi condurre carri con legname o traini di legname in detto mercato o per detto mercato, n per Calimala, ma negli altri giorni sia lecito condurre detti carri per la piazza del mercato. E chi contravverr pagher per ogni volta 100 soldi di fiorini piccoli. E ci venga proclamato pubblicamente per la citt una volta al mese.
Liber de laudibus civitatis Papiae, p. 48. Oltre agli altri luoghi in cui nella citt si vendono le singole mercanzie e nei quali vi sono botteghe per tutte le merci, nonch taverne, in piazza dell'Atrio, in particolare, e nelle vicinanze si vendono ugualmente merci cio nella piazza i frutti degli alberi e verdure di ogni genere, rape, quando stagione, ravizzoni, detti navoni, cipolle, aglio, carri di fieno e paglia, legna nonch vino di Milano, pollame di ogni specie, uova e formaggio, pane sottile, bianchissimo e pi grande dei solito, pesci freschi e conservati, granchi, carne di lepre, di selvaggina, di uccelli dei boschi, carni salate, maiali al taglio, macellati o interi in inverno, e altra carne fresca; pentole e vasellame in bronzo e in rame. In quel luogo hanno infatti ogni tipo di stoviglie, tanto di pietra che di legno, di rame, col manico di ferro attaccato alle due parti della bocca o saldato con due anse e con un anello di ferro o di rame. Si vendono in quella piazza anche funi sottili e grosse, panni di lana, pelli e pellicce, borse e guanti e articoli simili, molti utensili in legno, ceste di vimini e molte altre, oltre a quelle che si vendono allo stesso posto durante la fiera.
Nelle vicinanze della piazza si vendono vini di qualunque qualit, cibi cotti, spezie e droghe, candele di cera e di sego, olio tanto d'oliva, per condimento e per le lampade delle chiese, quanto di semi di lino per le lucerne delle case e delle famiglie, e molte cose simili; diversi vasi di vetro, calici bellissimi, piatti e vasi di terracotta e quasi tutti i tipi di vasi di legno. Qui ci sono anche i banchi dei cambiatori di moneta e molte altre cose. Oltre a ci che per tutta la citt possibile ritrovare, in certi giorni, in piazza detta di S. Savino, si vendono scarpe nuove e qualche volta vestiti di seconda mano e ferramenta. In piazza S. Maria di Perrone, che davanti al palazzo del popolo, si vendono lino, filo e cenere [per detergere], sotto la volta del palazzo del Fustagno; nel Brolio grandi bestie e giumente; nel cortile del comune, sotto i due palazzi, biada e legumi. Qui in alcuni luoghi a ci deputati si amministra la giustizia. Ugualmente nel Brolio piccolo si vendono molte merci durante la fiera. All'interno della citt ci sono nove macelli, detti Beccherie, uno dei quali, il pi grande, si trova al centro della citt ed detto la Beccheria maggiore; in nessuno di essi, tuttavia, si vende carne macellata di bue o di altri animali, ma soltanto in piazza dell'Atrio.
I libri di commercio dei Peruzzi, Milano, Treves, 1934, pp. 440-41. A nome di Dio amen MCCCXXIIII Io Giotto filiuolo che fue Arnoldo Amidei de' Peruzi feci conpagnia con Tomaso mio fratelo e filiuolo del detto Arnoldo, e con messere Guido e con messere Amideo di messere Filippo de' Peruzi, e chon Rinieri e con Filippo e con Silvestro e con Donato filiuoli che fuoro Pacino del detto Arnoldo de' Peruzi, e cho[n] messere Ridolfo filiuolo che fue Donato de' Peruzi, e con Tano e con Gherardo filiuoli che fuoro Michi Baroncieli, e con Chatelino filiuolo che fu Mangia de l'Infangati, e cho[n] Rugieri filiuolo che fue Lotieri Silimanni, e con Gherardo filiuolo che fue Gientile Bonacorsi, e con Filippo filiuolo Vilano Stoldi, e con Giovanni filiuolo che fue Riccho Raugi, e con Istefano filiuolo che fue Uguicione Bencivenni, ne la quale compagnia misi per mia parte Ibr. 5.500 in fior., die in kalen novembre anno 1324.
[] E sono per tutti diciesette conpagni. E i detti conpagni sono in concordia che quando voranno fare ragione de la detta conpagnia che si facia e a quelo tenpo e a' sudetti conpagni, i quali saranno ne la citt e nel contado di Firenze piacer , o a le due parti di loro che di que' cota' conpagni si ritrovasero ne la citt o nel contado di Firenze, e ci che nne faranno valia e tengha s come per tutta la conpagnia fosse fatto; e di d che nostro Segniore Idio ci conceder di trovare guadagniato, netti di spese o danno che si ricievese o perdite o di ma' debiti o di salari di fattori e d'ogni altre spese che fatte fosero per la nostra conpagnia per quale che fose la cagione in qualunque parte fosse, quelo cotale guadagnio cos netto si debia partire in tra' sopradetti conpagni e dame a catuno sua parte secondo la parte che ciascuno de' conpagni ne la detta conpagnia; e se si trovase perduto, di che Dio guardi, ciascuno de' conpagni ne debia portare sua parte secondo la detta parte ch' in questa compagnia.
I sopradetti compagni riconoscono d'essere partefici e d'essere tenuti di tutto quelo che la detta compagnia d ricievere e d dare altrui in Firenze e fuori di Firenze in qualunque parte sia. I sopradetti compagni sono in concordia che a quale de' compagni di questa compagnia mancase danari per adenpiere quelo che d dare per lo fornimento de la parte ch' meso nel corpo di questa conpagnia che ne doni a la compagnia per buono e lecito guadagnio a ragione di sette per cientinaio l'anno benedetti da Dio. E ancora sono in concordia che quale de' conpagni di questa conpagnia tengono de' loro danari in questa conpagnia di fuori dal corpo de la conpagnia che la conpagnia ne doni a que' chotali a ragione di sette per cientinaio l'anno per buono e lecito guadagnio benedetti da Dio. Ancora sono in concordia i detti conpagni che 'danari che 'detti conpagni nno fuori dal corpo de la conpagn a che li debiano tenere in questa conpagnia iscritti i[n] su' libri nostri di Firenze e non altrove, e che la conpagnia ne doni a que' cotali c'avere li dovranno per buono e lecito guadagnio a ragione di sette per cientinaio l'anno benedetti da Dio. E se que' cotali ch'avere ne dovessero ne volesero trarre per conpere di posesioni o per maritare loro femene ch'eli 'l posano fare a la loro libera volontade.
La detta conpagnia si fatta e ordinata e ferma a ognie buono e leale e veracie intendimento secondo buono uso di merchatanti e di canbiatori di Firenze, ed scrita di mano di me Giotto Arnoldi de' Peruzi per volontade de' detti conpagni ch'alora ierano in Firenze, die 13 d'agosto anno 1325, ed soscritta e fermata per li conpagni c'alora ierano in Firenze. La detta conpagnia si scritta a libro segreto quarto di mano di me Giotto Amoldi de' Peruzi, e qui l' iscritta per averlo a memoria per questo mio libro segreto, il quale libro segreto quarto si de' sopradetti conpagni.